I numerosi vani rupestri, presenti nel masso tufaceo sottostante l’abitato di Pitigliano, testimoniano la presenza di insediamenti umani fin dal periodo eneolitico.
Le necropoli lungo le rive del Meleta, e sul resto del territorio, dimostrano la presenza abitativa in loco in epoca etrusca.
La civiltà romana potrebbe essere testimoniata dal nome Pitigliano, se qualche credito si può dare alla leggenda dei due fuggiaschi da Roma, Petilio e Ciliano, rifugiatisi sullo sperone tufaceo dopo il furto della corona d’oro dalla statua di Giove Statore in Campidoglio. A Roma comunque, dal 385 a.C., è attestata la presenza di una "Gens Petilia".
Pitigliano fu sotto il dominio di Sovana con gli Aldobrandeschi, nell’alto Medioevo.
E’ dell’XI secolo il primo documento nel quale viene menzionata la Pieve di Pitigliano: la bolla del 27 aprile 1061 che il papa Niccolò II inviò al preposto del Capitolo della Cattedrale di Sovana.
Gradualmente crebbe l’importanza del castello aldobrandesco di Pitigliano; quando poi, nel 1202, durante il conflitto fra i conti Aldobrandeschi e la Repubblica di Siena, Pitigliano chiese l’intervento di Orvieto, quest’ultimo volle che in cambio la città fosse eretta in Contea, con un principe residente con il titolo di Conte di Pitigliano.
La dipendenza formale da Sovana continuò fino al matrimonio, nel 1293, di Anastasia, ultima discendente del ramo di Sovana, e il Conte Romano Orsini, nipote di papa Niccolò IV Orsini.
Con gli Orsini, in seguito alla progressiva decadenza di Sovana e al trasferimento della popolazione nel nuovo centro, l’importanza della Contea di Pitigliano crebbe ulteriormente.
Durante il dominio degli Orsini ci furono lotte interne alla famiglia e conflitti con la Repubblica di Siena che per lunghi periodi sottomise il nostro territorio.
Le sorti della Contea si risollevarono con Niccolò III Orsini (1442 – 1510).
Con i suoi discendenti iniziò però un periodo di instabilità, finché il popolo di Pitigliano nel 1561 si ribellò alla tirannia ursinea ponendosi sotto la protezione di Cosimo de’ Medici, Signore di Firenze.
Nel 1604 Pitigliano entrò a far parte del Granducato di Toscana.
Intanto Sovana era completamente decaduta e così nel 1660 anche la sede vescovile fu trasferita a Pitigliano.
Con il dominio mediceo il territorio di Pitigliano si impoverì ulteriormente, fino a che subentrò la casata degli Asburgo-Lorena, con la quale si dette vita ad una nuova politica economica e alla progressiva eliminazione delle servitù feudali.
Con Leopoldo II di Lorena ci furono una ripresa anche in campo culturale, interventi pubblici e di risanamento ambientale.
Il plebiscito del 1860 portò Pitigliano a far parte del Regno d’Italia. Da qui la storia di Pitigliano coincide con la storia nazionale.
A Pitigliano, fin dal XVI secolo, è presente una comunità ebraica, consolidatasi nel 1569 dopo l’espulsione degli Ebrei dallo Stato Pontificio.
Il periodo più florido della comunità fu la seconda metà del secolo XIX; in quel periodo fu istituita dalla comunità ebraica una Scuola di Mutuo Insegnamento ed una Biblioteca di circa quattromila volumi.
Con l’unità d’Italia anche molti Ebrei si trasferirono in centri più ricchi; inoltre la comunità andava perdendo la sua identità per matrimoni misti sempre più frequenti.
Le leggi razziali del 1938 e le scarse possibilità di attività commerciali nel paese, determinano un ulteriore allontanamento da Pitigliano di quasi tutta la comunità ebraica.